Page 36 - Unimore e il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna
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(T≈0,3 sec), ad un edificio industriale basso o con una copertura leggera (T≈1,0 sec) ed
             infine ad un edificio industriale alto, corrispondente agli standard edificatori dell’area
             colpita dal sisma, con un periodo proprio di oscillazione T≈1,5 sec.
             Per prima cosa si vuole evidenziare come le accelerazioni sismiche indotte dai terre-
             moti del 2012 siano almeno di tre volte superiori rispetto a quelle indotte dal sisma del
             1996, un effetto questo ben evidente in Figura 1. Ora, mentre le accelerazioni indotte
             dal sisma de L’Aquila del 2009 e da quelli della bassa modenese del 2012 sono di entità
             confrontabile per un edificio con T=1,0 sec, si ha una notevole divaricazione per valori
             più bassi o più alti del periodo d’oscillazione. In particolare, per edifici con T basso,
             quali sono le palazzine in calcestruzzo armato, si rileva come le accelerazioni indotte
             dal sisma de L’Aquila siano superiori a quelle provocate dai sismi emiliani del 2012
             di oltre il 40%. Al contrario, per un edificio industriale con un periodo T=1,5 sec, le
             accelerazioni indotte dal sisma del 29/5/2012 risultano quasi doppie rispetto a quelle
             provocate dal sisma de L’Aquila.
             In altre parole, per effetto delle caratteristiche dei suoli attraversati, il contenuto in fre-
             quenza dei due sismi è risultato notevolmente diverso, per cui le scosse manifestatesi
             in area emiliana nel 2012 furono particolarmente penalizzanti per i capannoni con
             periodo proprio di oscillazione più elevato. Trova, quindi, una giustificazione teorica il
             fatto che l’evento sismico del 2012, incentrato prevalentemente nella pianura modenese
             e ferrarese, sia stato definito come il “terremoto dei capannoni”.

             Il problema dei collegamenti ad attrito tra elementi prefabbricati

             La costruzione di gran parte dei capannoni prefabbricati esistenti nell’area colpita dal
             sisma del 2012 risale ad anni in cui l’area non era classificata sismica; di conseguenza,
             coerentemente con la prassi costruttiva di quegli anni, i collegamenti tra trave e pilastro
             e tra coppone e trave erano realizzati a secco e le azioni orizzontali venivano trasmesse
             da un elemento all’altro per semplice attrito.
             In molti casi il collasso, parziale o totale, del capannone è stato causato proprio dallo
             scivolamento relativo manifestatosi tra gli elementi costruttivi e dalla relativa perdita
             di appoggio tra elementi strutturali della copertura. È utile osservare come le crisi per
             perdita d’appoggio delle travi e/o dei copponi si siano presentate prevalentemente su
             strutture caratterizzate da discontinuità nelle rigidezze, dovute, in gran parte, all’influen-
             za di elementi non strutturali. Si ritiene opportuno soffermare l’attenzione su questo
             aspetto in quanto le discontinuità strutturali, indotte dagli elementi non strutturali, una
             volta che si sia proceduto a vincolare tra loro gli elementi prefabbricati, potrebbero
             modificare in modo sostanziale la ripartizione degli sforzi sui vincolamenti applicati.
             In generale, quindi, gli sforzi agenti su ciascun collegamento non possono essere va-
             lutati sempre con un’analisi locale, ma occorre valutare comunque un’analisi globale
             del comportamento dell’edificio, tenendo conto anche dell’interazione tra gli elementi
             strutturali e gli elementi non strutturali.

             Perdita d’appoggio delle travi di coperto per la presenza di vincoli unilaterali
             Un esempio classico di comportamento strutturale influenzato dall’interazione con gli
             elementi non strutturali è quello che si è manifestato nella copertura documentata in
             Figura 2.

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