Page 40 - Unimore e il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna
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Rottura di pilastri per la concentrazione di sforzi dovuta alla presenza di un
soppalco irrigidente
La struttura dell’edificio assunto come paradigmatico di questo tipo di crisi, confor-
memente alla normativa sul prefabbricato allora vigente, era stata calcolata con azioni
orizzontali pari al 2% di quelle verticali, applicate pilastro per pilastro in funzione del
taglio trasmesso dalle travi che vi si appoggiano. Le travi erano collegate in testa al pi-
lastro o sulla mensola (per le travi del soppalco): dal pilastro fuoriusciva una barra Ø20
in acciaio FeB44k, che si infilava in un foro verticale realizzato sulla testata della trave.
Il foro, in fase di montaggio, veniva riempito con una malta fluida ad alta resistenza.
L’impalcato di copertura non aveva rigidezza nel piano, ma la sequenza di travi allinea-
te, collegate alla testa dei pilastri, veniva a costituire una catena cinematica che rendeva
fortemente iperstatico il problema della ripartizione dell’azione orizzontale sui pilastri.
La zona di estremità, con il soppalco intermedio, prevedeva una serie di pilastri corti
che reggevano solo il soppalco e che, attraverso la soletta di interpiano, fornivano, a
metà altezza, un vincolo elastico ai pilastri che reggevano la copertura, aumentandone
in modo significativo la rigidezza.
Tenendo conto, poi, che la lunghezza d’inflessione del pilastro è diversa a seconda
che lo spostamento avvenga in direzione x o in direzione –x, si può valutare che la
ripartizione iperstatica degli sforzi orizzontali porti ad azioni, in testa al pilastro che ha
subito il collasso (evidenziato con un cerchietto sia in pianta che in sezione), circa tre
volte superiori a quelle deducibili da un’analisi basata su soli criteri d’equilibrio locale.
Figura 7. Schema della sezione e del meccanismo di collasso.
Figura 8. Il diverso schema statico d’inflessione del pilastro a seconda del verso dell’azione sismica
longitudinale.
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