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ristrutturazione e rilancio, tanto che già negli anni Settanta l’Università di Mo-
dena poteva contare su 5 facoltà (Giurisprudenza; Medicina e chirurgia; Scien-
ze matematiche, fisiche e naturali; Farmacia; Economia e commercio) e su 20
scuole di specializzazione presso la Facoltà di Medicina, senza contare l’attività
di altri centri specializzati, tra cui la Scuola di Ostetricia, la Scuola per i tecnici
di cardiologia, il Corso complementare di Igiene pratica, il Centro oncologico
presso l’Istituto di Radiologia. Nel 1990 fu inaugurata la sesta facoltà, quella di
Ingegneria, a completamento del già attivo biennio propedeutico.
Nel 1998 l’Università di Modena ha preso la denominazione di Università di
Modena e Reggio Emilia, articolandosi secondo un modello organizzativo a
“rete di sedi” unico esempio in Italia. Tale modello si caratterizza per il pro-
getto di sviluppo complementare, l’unitarietà della gestione, la pari dignità dei
poli accademici. Contemporaneamente, hanno preso avvio a Reggio Emilia le
facoltà di Scienza delle comunicazioni, quella di Agraria e la seconda facoltà di
Ingegneria e, a Modena, quella di Lettere e filosofia.
Una studentessa della facoltà di Medicina e Chirurgia Ulteriori, significative modifiche sono state attuate nel 2010 con la cosiddetta
“Riforma Gelmini”, che ha posto fine alle Facoltà, dando vita a un’articolazione
comunque attive delle Accademie, centri privati di studio preparatorî al conse- degli atenei in Dipartimenti e in Scuole.
guimento del dottorato a Ferrara.
Dopo il 1598, quando Modena diventò la nuova capitale del Ducato estense,
prese corpo il progetto di una riapertura dello Studium, ma solo nel 1682, pres-
so il Collegio della Congregazione di San Carlo, poté avviarsi il primo anno
accademico del rinnovato ateneo.
Gli anni di occupazione francese e poi di sottoposizione alla Repubblica Ita-
liana (1802) comportarono la cessazione dell’Università, trasformata in Liceo
dipartimentale.
Il ripristino dell’ateneo avvenne nel 1814, col ritorno a Modena degli Este, che
però, nonostante la presenza di altissime personalità di docenti, guardarono
sempre con sospetto alla libera attività di insegnamento. Nel 1821, quando si
registrarono i primi moti studenteschi di matrice carbonara, la facoltà di Legge
venne chiusa e smembrata in quattro convitti distribuiti su tutto il ducato.
L’esperienza del convitto venne introdotta anche per i medici e per gli aspiranti
ingegneri. Tali tensioni non impedirono comunque la dotazione di ulteriori
strutture: il Gabinetto di Materia medica (1816), il Museo zootecnico e l’Osser-
vatorio astronomico (1827), l’Istituto zooiatrico (1842). Anche dopo i moti del
1848 l’università modenese tornò a registrare importanti novità, come quella
dell’istituzione di una scuola di Veterinaria e, nel 1849, la sottrazione ai Gesuiti
del corso biennale propedeutico all’accesso universitario.
Con l’unità d’Italia emersero nuove difficoltà, poiché il nuovo Stato intendeva
alleggerire l’impegno di finanziamento sugli atenei considerati “minori”. Tra
diverse traversie, bisognerà attendere il 1935 affinché si arrivi all’abolizione Il cortile interno della Facoltà di Ingeneria Enzo Ferrari con, in primo piano, una copia della scul-
dell’odiosa discriminazione tra università. tura di Boccioni utilizzata per il GT Championship 2018, sullo sfondo un F104 dell’Areonautica
Militare Italiana.
Nel Secondo Dopoguerra, per l’ateneo modenese si aprì una fase di profonda
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