Page 113 - Unimore e il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna
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gruppo e, a sua volta, favorire l’altruismo verso gli individui che prima erano visti come
             appartenenti a un gruppo distinto. Tuttavia, questa ipotesi era formulata solamente in
             relazione al gruppo degli stranieri.
             Per gli italiani, abbiamo ipotizzato all’opposto che il grado di esposizione al terremoto
             provocasse un minore desiderio di aiutare l’altro gruppo (gli stranieri). Il motivo è che
             gli italiani, che rappresentano il gruppo di maggioranza, potrebbero temere di aver
             qualcosa da perdere dall’essere un gruppo unico con gli stranieri. In particolare, potreb-
             bero basarsi su considerazioni materialistiche e aver paura ad esempio di perdere parte
             degli aiuti post-terremoto distribuiti dalle istituzioni, i quali potrebbero essere attribuiti
             in misura maggiore a persone svantaggiate a livello socio-economico (solitamente più
             numerose nel gruppo minoritario, cioè tra gli stranieri). In altre parole, gli italiani po-
             trebbero sentirsi minacciati dagli stranieri e di conseguenza potrebbero essere meno
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             intenzionati ad aiutarli. Tale ipotesi è coerente con la teoria della minaccia integrata ,
             secondo cui minacce realistiche (cioè materiali, concrete, non legate ad aspetti simbo-
             lici) provenienti da un altro gruppo conducono a comportamenti più negativi nei suoi
             confronti.
             Le ipotesi sono state testate in un campione di 162 vittime del terremoto di età media
             pari a 37,6 anni, provenienti in massima parte da San Felice sul Panaro, Cavezzo e Mi-
             randola. Di queste, 70 erano italiane e 92 avevano origini straniere (il 50% proveniva
             dall’Asia, il 19,6% dal Sud America, il 16,2% dall’Africa, il 14,2% dall’Europa dell’Est).
             Ai partecipanti è stato somministrato un questionario a circa un mese dai terremoti di
             fine maggio. Al momento della somministrazione, essi erano temporaneamente ospitati
             nelle tendopoli approntate dalla Protezione Civile.
             I risultati hanno anzitutto evidenziato come, sebbene l’esposizione percepita al terre-
             moto (in termini sia materiali che psicologici) fosse simile, gli stranieri tendevano a
             vedersi molto più come membri di un gruppo unico rispetto agli italiani e, allo stesso
             tempo, si sentivano meno minacciati dagli italiani rispetto a quanto gli italiani vedesse-
             ro negli stranieri una minaccia (ad esempio, paura di perdere almeno parte degli aiuti
             post-terremoto). Inoltre, le intenzioni di aiutare l’altro gruppo erano sensibilmente più
             alte nel gruppo straniero rispetto a quello italiano (Figura 1).
             I risultati relativi al modello proposto sono stati coerenti con quanto ipotizzato. Per gli
             stranieri, il grado di esposizione percepita al terremoto era associato alla percezione
             di essere un unico gruppo insieme alle vittime italiane. A sua volta, tale percezione di
             essere un gruppo unico si associava all’intenzione di aiutare le vittime italiane. Per gli
             italiani, invece, il grado di esposizione percepita al terremoto era associato a una mag-
             giore percezione di minaccia posta dagli immigrati e, a sua volta, a intenzioni minori
             di aiutare gli stranieri.
             Dunque, si conferma che l’esposizione al disastro può unire le vittime all’insegna della
             “comunità altruistica”. Tuttavia, qualora si considerino comunità multietniche, tale con-
             cetto viene notevolmente ridimensionato, in quanto l’effetto si riscontra esclusivamente
             tra i membri del gruppo di minoranza. Al contrario, la maggioranza reagisce negativa-
             mente all’evento in misura proporzionale a quanto si è sentita colpita da esso.







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