Page 120 - Unimore e il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna
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senti, riteniamo utile tenere conto del dato che suggerisce come il terremoto possa
aver avuto un impatto minore sulle intenzioni prosociali rivolte agli italiani da parte dei
bambini stranieri.
I risultati per i bambini sembrano opposti a quelli degli adulti. Riteniamo che la dif-
ferenza stia nel fatto che, mentre per gli adulti possono emergere considerazioni uti-
litaristiche (legate ai vantaggi o meno dell’unirsi agli altri gruppi etnici), nei bambini
agiscano esclusivamente processi psicologici tipici delle relazioni tra i gruppi.
Conclusioni
Abbiamo presentato una serie di studi condotti con adulti e bambini vittime del ter-
remoto, volti a identificare i fattori che portano a stringere i legami di comunità, fa-
vorendone quindi il recupero, al di là delle differenze etniche e della composizione
multiculturale del territorio. I risultati hanno indicato che la risposta al terremoto è
diversa a seconda dell’appartenenza di gruppo (italiana o straniera) e dell’età delle
persone (adulti o bambini). Nonostante si tratti di dati estremamente interessanti dal
punto di vista teorico, essi presentano numerose problematicità che gli operatori del
settore devono considerare. Infatti, creare una comunità multietnica compatta diventa
molto difficile se per ogni gruppo (italiani vs. stranieri, adulti vs. bambini) occorre basa-
re eventuali interventi su premesse diverse. Tuttavia, è possibile ottenere anche alcune
indicazioni pratiche potenzialmente preziose.
Un primo punto fermo riguarda la certezza degli aiuti post-terremoto. Gli adulti italiani
sono infatti frenati dalla minaccia di ricevere, a causa degli stranieri, meno aiuti di quan-
ti ritengono spetterebbero loro. Sebbene apparentemente ovvio, le istituzioni devono
inserire tra i primi punti da considerare all’indomani di un disastro il fornire indicazioni
certe su chi sarà risarcito e quando. Sebbene ciò comporti notevoli difficoltà pratiche
nonché organizzative, i costi del non farlo potrebbero essere molto più elevati, in
quanto il rischio è che la comunità si frammenti e venga meno quel senso di coesione
sociale necessario a far fronte in modo efficace al compito della ricostruzione.
La seconda indicazione riguarda la percezione del disastro da parte dei bambini e quel-
la di far parte di un gruppo comune. Anzitutto, attività ad hoc, condotte per esempio in
ambito scolastico, potrebbero puntare sulla cooperazione tra italiani e stranieri in meri-
to a lavori focalizzati sull’evento-disastro. In questo modo, si faciliterebbe la compren-
sione per gli stranieri del fatto che la minaccia del disastro riguarda tutti e che è quindi
necessario farvi fronte insieme. In secondo luogo, è opportuno lavorare sulla percezio-
ne che vittime italiane e straniere sono in realtà parte di un’unica categoria: se presente,
tale percezione avrà importanti benefici sul piano del comportamento prosociale sia tra
i membri della maggioranza che tra quelli della minoranza, senza alcuna distinzione.
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